Resiste al tempo, alle pandemie e alle minacce della digitalizzazione. Cambia la sua fruizione, ma non la sua centralità. C’è chi rimane fedele al formato cartaceo – lettori forti e romantici (sempre gli stessi) – e chi preferisce ascoltarli (aumenta la richiesta di audiolibri, mentre cala quella degli e-book).
Secondo i dati forniti dall’AIE e dal report Io Sono Cultura 2023 di Symbola, il settore del libro in Italia è tra le industrie culturali e creative con il maggior peso economico: con 10.842 milioni di euro supera il comparto architettura e design (7.819 milioni), audiovisivo e musica (5.839 milioni), comunicazione (5.481 milioni), arti visive (5.038 milioni), valorizzazione del patrimonio storico e artistico (3.099 milioni).
L’editoria italiana è sesta al mondo e quarta in Europa per valore economico generato.
A desiderare di lavorare nel settore editoriale sono davvero in tanti. C’è spazio per tutti? Come fare per lavorare in editoria? Ma, soprattutto ne vale davvero la pena?
Quando si parla di settore editoriale, si fa riferimento a libri, ma anche quotidiani e periodici, fumetto e graphic novel, riviste tecniche e B2B, e-book, audiolibri, siti web e app.
Ogni fase della produzione dei prodotti editoriali ha bisogno di qualcuno che possa svolgere quella parte di lavoro in modo sapiente. Viene da sé che le figure professionali coinvolte siano tante. Vediamole insieme:
Oltre alla redazione, ci sono uffici che collaborano a stretto contatto con quest’ultima e che svolgono dei compiti altrettanto importanti: ufficio marketing (nel quale troviamo figure come il copywriter e il content manager) e l’ufficio gestione dei diritti.
A completare la filiera del libro, ci sono il tipografo impegnato nella fase di stampa, il distributore che si occupa della distribuzione dei libri e il libraio che si occupa della vendita.
Molti si chiedono da dove iniziare, cosa studiare e se si possa lavorare in editoria senza laurea.
A tal proposito bisogna fare una premessa.
Non esiste un albo a cui accedere superando esami o conseguendo titoli di studio specifici, né esistono leggi che impediscano di esercitare le professioni editoriali senza laurea.
Detto ciò, credo fermamente che la laurea sia la base da cui partire non solo per le figure manageriali, ma per tutte quelle coinvolte.
Non c’è un percorso unico, ci sono tanti percorsi possibili in base all’obiettivo che ci si prefissa.
Se ti stai chiedendo da dove partire, credo che il primo passo sia capire quale figura professionale è più adatta a te. Ti vedi nel ruolo di editor, di grafico, di traduttore o ufficio stampa? Preferisci lavorare nell’ufficio diritti o ufficio marketing?
È indispensabile chiarirsi le idee fin da subito, perché questa scelta indirizzerà la tua formazione e il tuo percorso.
Le lauree umanistiche, ad esempio Lettere e Filosofia e Lingue e Letterature straniere, sono generalmente scelte da chi desidera ricoprire figure redazionali (editor, correttore di bozze, traduttore), ma esistono le eccezioni: avvocati o medici che diventano ottimi editor, ad esempio.
Le lauree tecnico-giuridiche costituiscono una valida opzione se si vuole lavorare nell’ufficio diritti, così come le lauree a indirizzo economico-manageriale per le figure manageriali.
E se non si ha la più pallida idea che si fa?
Si studia, ci si informa, ci si confronta con gli addetti ai lavori fino a chiarirsi le idee.
Se è importante scegliere il corso di laurea giusto, lo è altrettanto essere consapevoli che la laurea da sola non basta.
Il secondo passo è ampliare e approfondire le competenze acquisite con un master e/o corsi di specializzazione o con uno studio autodidatta matto e disperato (a questo proposito, so che molti mi diranno di non essere d’accordo).
Il terzo passo, forse il più importante, è fare esperienza sul campo, iniziando con uno stage presso una casa editrice, seguendo da vicino tutto il processo di produzione di un libro.
Se la laurea, lo studio matto e disperato e i corsi di formazione seguiti mi sono stati utili a gettare le basi, devo moltissimo (se non tutto) ai professionisti che ho incontrato negli anni, all’editor senior che mi ha seguita, affiancata e supportata mentre muovevo i primi passi, agli autori che mi hanno dato fiducia. Perché solo mettendo le mani in pasta si impara.
L’offerta formativa (master, corsi proposti dalle stesse case editrici e workshop) ad ogni modo è davvero ampia.
Ti riporto di seguito la lista dei principali corsi e master in editoria attivi in Italia, divisi per città, con i rispettivi link alle pagine ufficiali dove scaricare o visualizzare programmi e bandi.
Napoli
Roma
Firenze
Milano
Milano è la mecca dell’editoria. Pertanto, anche l’offerta formativa è più ricca.
Bologna
Pavia
Torino
Poter investire in formazione è sempre un privilegio. Ma, orientarsi tra tutti questi master e corsi può essere difficile.
Il consiglio che sento di dare è quello di valutare in primis la propria preparazione. Se so dove mi trovo (a che livello sono del mio percorso), è più semplice capire quali passi fare per arrivare alla meta desiderata.
Successivamente potrai analizzare le caratteristiche del master/corso – durata delle lezioni, modalità di erogazione (video registrati o diretta streaming), docenti, esercitazioni pratiche, possibilità di accedere a borse di studio e a stage in case editrici – e scegliere in base a esse e alle tue esigenze.
L’editoria ha negli anni subìto numerosi cambiamenti, soprattutto in termini di esternalizzazione e flessibilità.
Tradotto: le possibilità di lavorare da dipendente a tempo indeterminato in una casa editrice sono davvero esigue. Non ho detto nulle.
Nelle case editrici, oltre a esserci un frequente ricambio di figure professionali interne, spesso si ricorre a professionisti esterni per alcune fasi della produzione del libro.
Altra nota dolente, come in qualsiasi altro settore, non mancano case editrici (non me ne vogliano) che sottopagano i loro collaboratori o non li pagano affatto offrendo stage che stage non sono. Il fine di quest’ultimo dovrebbe essere imparare un mestiere di cui si hanno solo conoscenze teoriche affiancando professionisti con maggiore esperienza. Se si hanno già preparazione e competenze tecniche per lavorare in autonomia, non ha alcun senso (se non per le tasche dell’editore) parlare di stage.
Tutti quelli che restano fuori dalle case editrici possono lavorare da freelance?
Possono farlo, ma non è scontato. Essere un libero professionista è impegnativo, significa avere una piccola azienda da portare avanti e coltivare competenze trasversali utili per fare networking e personal branding.
Il come conta tanto. Oggi più che mai. Raccontarsi bene è indispensabile in ogni tipo di lavoro, soprattutto in editoria.
Ecco 5 consigli utili:
1) Occhio ai refusi. Virgole messe a caso, parole inglesi con la s al plurale, frasi sgrammaticate. Un curriculum pieno di refusi non arriverà mai all’attenzione dell’editore, verrà cestinato prima.
2) Niente copia e incolla. Lettere di presentazione e curriculum scaricati dal web e poco personali non sono di appeal. Siate specifici, originali e sintetici.
3) Parola d’ordine: rilevanza. È inutile riportare tutte le esperienze lavorative se non sono rilevanti. Enfatizza piuttosto quelle che ti hanno permesso di acquisire competenze utili al lavoro editoriale.
4) Dire solo la verità, niente altro che la verità. Millantare esperienze e competenze non serve a nulla, se non a far figuracce. Tutti ne abbiamo fatte almeno una volta nella vita, ma se si possono evitare ben venga.
5) Niente invii multipli e generici. Scrivete alle persone in carne e ossa di una sola casa editrice alla volta. Magari dopo averne studiato la storia e il catalogo.
Questa domanda è forse una delle più frequenti. Se l’obiettivo primario è svolgere un lavoro altamente remunerativo e diventare ricchi, allora l’editoria non è il settore giusto. Ahinoi! Almeno fino ad oggi.
Spesso a fronte di anni di studi, qualifiche elevate, lavoro intenso e meticoloso, vi è una bassa remunerazione. Chi lavora in editoria è mosso da un amore smisurato per quel che fa, ma basta per vivere dignitosamente? Ovviamente no.
Lo stipendio medio di un professionista dell’editoria dipende da diversi fattori, quali:
Se i dipendenti interni alle case editrici possono rivendicare l’esistenza di un contratto nazionale di categoria – le tabelle retributive nel CCNL Grafica editoria sono state aggiornate nel maggio 2021, e riportano una retribuzione media mensile lorda che va da 1300 euro a 2400 euro circa, a seconda dal ruolo ricoperto – per i freelance significa imparare a rimanere a galla in una vera e propria giungla dove molti giocano al ribasso danneggiando tutti gli operatori del settore.
È lecito chiederselo. E se l’è chiesto anche Redacta, inchiesta sulle condizioni del lavoro editoriale di Acta, l’associazione dei freelance.
Redacta ha lanciato la versione 2023 del suo sondaggio – Vale davvero la pena di lavorare in editoria? – rivolto a tutti quelli che lavorano con i libri, compresi lavoratori autonomi e stagisti.
Attendiamo i primi dati.
Se il settore editoriale si presenta per certi aspetti ostico e difficile per chi vuole farne parte, questo non significa che non possa trasformarsi in futuro.
Amo profondamente il mio lavoro e questo mi porta a pensare che ne valga sempre la pena (anche se a volte le condizioni non sono delle migliori).
Credo che ognuno possa dare il suo contributo imparando a dire no. No al lavoro qualificato non retribuito, a stage per nulla formativi, a compensi irrisori o tariffe a ribasso.
Spero, intanto, di essere stata utile a chi è agli inizi. Vi aspetto nei commenti e vi auguro buona fortuna.
Per approfondire:
Dal web
https://www.symbola.net/ricerca/io-sono-cultura-2023/
https://www.aie.it/Cosafacciamo/Studiericerche.aspx
In libreria
Trovare lavoro in editoria. Guida completa a una professione che cambia, Editrice bibliografica, 2015.
Alessandra Selmi, E così vuoi lavorare nell’editoria. I dolori di un giovane editor, Editrice Bibliografica, 2014.
Editoria: istruzioni per l’uso. Acquisire le competenze di base, Editrice Bibliografica, 2013.
In sottofondo: The Rolling Stones – (I Can’t Get No) Satisfaction
Foto: Min An